Dalla Dea madre ai nostri giorni: rilettura del femminile

Per comprendere la situazione attuale del femminile è importante e necessario andare alle nostre origini che affondano in strutture sociali e religiose completamente diverse da quelle attuali; C’è stato un momento storico in cui le società vivevano in pace, la responsabilità sociale era divisa tra uomini e donne ( le società gilaniche ), la divinità era la Dea madre e le donne naturali portatrici del sacro. Tutto questo per motivi storici sempre più chiari è cambiato e nel corso dei secoli abbiamo assistito ad una perdita del valore del femminile. In questo momento storico per riconquistarlo dobbiamo necessariamente tornare indietro e ricostruire la nostra storia.

Mi sono molto occupata di problematiche legate al femminile nella mia carriera di medico e di psicoterapeuta e l’elemento comune che caratterizza molte donne è che esse non hanno consapevolezza del loro valore.

A volte questo si traduce in atteggiamenti provocatori e aggressivi, simulando la forza maschile, considerata evidentemente l’elemento vincente, con cui si cerca di coprire una insicurezza che deriva molto spesso dal non aver preso contatto con la vera e profonda forza del femminile.

Secoli di storia, di negazione, di sottomissione e di emarginazione dalla storia e dalla cultura hanno portato le donne a una inconscia svalutazione di se, che in questo momento storico è assolutamente indispensabile capire e superare.

E’ importante quindi conoscere la propria storia, non solo in termini personali e familiari, importante perche’ fa emergere i modelli familiari a cui ci adeguiamo a volte pensando che sono gli unici possibili, ma è anche importante conoscere la nostra storia in senso piu’ lato e per le donne cosa ci ha portato nei secoli ad essere una parte secondaria nel vissuto generale della storia umana.

Insieme a queste domande che le donne si possono porre, l’umanita’ intera dovrebbe porsene altre: perche’ ci cacciamo e ci perseguitiamo l’uno con l’altro? perche’ regna questa violenza dell’uomo verso i suoi simili e verso la donna? Cosa ci spinge alla brutalita’ invece che alla gentilezza, alla guerra invece che alla pace? perche’ se siamo capaci di enormi sviluppi evolutivi, se siamo stati capaci di coltivare i campi, di comporre la musica, di costruire le cattedrali gotiche e di andare verso tecnologie sempre piu’ avanzate, d altra parte ci avviamo verso un disastro ecologico che mette a rischio il pianeta e l’umanita’? Qual’è il nostro modello di sviluppo e di struttura che ci porta alla incoerenza che siamo vivendo ?
Abbiamo nelle nostre storie le leggende di epoche remote in cui si viveva in maniera piu’ armoniosa e pacifica.

La Bibbia ci parla di un giardino in cui vivevano in armonia con la natura l’uomo e la donna. Il cinese Tao the king ci parla di un momento della nostra storia in cui lo yin, principio femminile ,non era dominato dallo yang, principio maschile.

E un poeta greco, Esiodo, ci racconta di una stirpe aurea che lavorava la terra in serena tranquillita’, prima che una stirpe inferiore portasse le armi e la guerra.

Le moderne ricerche archeologiche con le interpretazioni innovative che sono state fatte dei ritrovamenti, hanno permesso di ricostruire come storia quello che poteva sembrare semplice leggenda e per esempio la nostra cacciata dal giardino dell’Eden potrebbe richiamare il ricordo di antiche societa’ agricole che nel neolitico avevano piantato i primi giardini su questa terra.

Le nuove scoperte archeologiche costituiscono quello che l’archeologo inglese James Mellart definisce una vera e propria rivoluzione archeologica, definiscono un mondo antico straordinario che finora era rimasto nascosto.
Si tratta cioe’ della scoperta di un lungo periodo di pace e di prosperita’ durante il quale ci furono progressi della evoluzione sociale, tecnologica e culturale, durata migliaia di anni, in una organizzazione sociale non violenta e non gerarchica, in cui il maschio non era il dominatore.

Era il tempo in cui l’Uomo si rese conto che la vita umana veniva generata dal corpo femminile che ha un grandissimo collegamento con i cicli della natura, come le stagioni e la luna e questo porto’ sicuramente i nostri antenati a considerare femminile e non maschile, i poteri del mondo che danno e mantengono la vita, in definitiva la divinita’.

Gia’ nel paleolitico sono state rinvenute statuette di ocra rossa nelle sepolture e di conchiglie a forma di vagina. Il Dio maschile, quello nel cui nome sono state fatte le crociate ,o lo sterminio degli indios pagani, o il massacro della Inquisizione risale tutt al piu’ al 3000 anni fa.

Precedentemente ,in una epoca che possiamo far risalire da 30.000 a C al 3.000 a c c era solo la Grande DEA.

Una Dea senza volto che ha abitato fin dalle origini l’immaginario umano ed e’ stata raffigurata con simboli che sono profondamente radicati nell’inconscio collettivo.
Di lei sono state realizzate immagini e idoli di pietra, innalzati tempi magalitici e monumenti.
Della rappresentazione della dea abbiamo una vasta gamma di forme, alcune sono rappresentazioni astratte di organi della riproduzione, altre molto elaborate e collegate a vari aspetti della esistenza umana dalla nascita alla iniziazione, dal matrimonio alla riproduzione e alla morte.

Sono migliaia i simboli della dea trovati negli scavi archeologici e tutti presentano simili peculiarita’: una accentuazione delle parti anatomiche femminili, nude, con grandi fianchi e grandi seni che indicano una maternita’ incipiente, con assenza di tratti specifici come il volto, le mani o i piedi. Tutte le raffigurazioni presentano analoghe peculiarita’ che fanno ritenere una identita’ simbolica: l’archetipo del Grande Femminino.

Questa venerazione della Dea ha avuto origine molto probabilmente nel Paleolitico superiore, un periodo compreso tra 40000 e 10000 anni fa, fino cioe’ all’avvento della agricoltura.
Molti son i miti che riguardano la Grande Madre che ci sono stati tramandati su tavoletta d argilla e che sono le piu’ antiche scritture giunte fino a noi: in questi miti la madre è sempre onnipotente e onniscente, crea dal nulla o da se stessa la terra, il cielo, le acque, tutto cio’ che vive nel mondo.

Questa idea probabilmente è nata nella storia dalla osservazione della donna come capace di rimanere gravida, partorire e che aveva il tremendo potere di nutrire col latte il neonato, avendone quindi potere di vita o di morte.
Le mestruazioni legavano strettamente la donna ai cicli lunari, alle maree alle piene dei grandi fiumi, ai cicli delle piante e alle migrazione degli animali, tutte cose sacre per gli antichi.

L’agente fecondante era ritenuto legato alle acque, al vento, ai raggi della luna e solo molto piu’ tardi l’uomo ha preso coscienza della sua partecipazione nella fecondazione a dare anche egli la vita. E’ solo nel 1800 dc che viene dimostrato scientificamente che lo spermatozoo penetra nell’ovulo e avvia il concepimento.

I piu’ antichi ritrovamenti sono datati 6000 a C e sono stati ritrovate a Gerico e a Hacilar e Catal Huyuk ( citta’ dell’Anatolia ,importantissimi siti archeologici Patrimonio dell’ Umanita’ dell Unesco ,scoperta alla fine degli anni 50 dall’archeologo inglese James Mellart ).
L’archeologo che le scopri dichiara che “gli scavi di questi due siti rivelano una stabilita’ e una continuita’ nello sviluppo, durate forse migliaia di anni delle culture sempre piu’ avanzate che adoravano la dea”. Si puo’ dimostrare una continuita’ religiosa da Catal Huyuk e Hacilar fino alle grandi ”Dee Madri” di epoca arcaica e classica.
Col passaggio dal Paleolitico al Neolitico e il progressivo addomesticamento degli animali e la coltura delle piante la Dea si trasforma da Grande Madre gravida portatrice di vita alla Dea della fecondita’ della terra e a lei sono legati simboli tratti della vegetazione quale frutti, fiori e erbe, come la Dea dell’Onphalos di Creta, e animali.

E’ qui che nasce la prima figura divina maschile, il paredro della Dea,suo figlio e fecondatore che muore come spirito della vegetazione ,per rinascere la primavera successiva(probabilmente un sacrificio rituale);la morte era vista come naturale processo complessivo e non era il male da evitare, la morte del figlio della dea assicurava il fatto che il naturale fiume della vita non andasse a inaridirsi.

Come ci dice Jaques Cauvin, autore del testo” Nascita delle divinita’, nascita dell’agricoltura”, l’agricoltura è stata il big ben del senso religioso dell’ Uomo. Il lavoro agricolo non solo è compiuto sul corpo della Terra-Madre, ma mette in moto le forze sacre della vegetazione e quindi della rigenerazione, entra in contatto con una sfera satura di sacro, ricca di simbolismi legati al morire e al divenire della natura.

Il miracolo del seme di grano che diventa frutto suscitera’ una serie di interrogativi e di fronte a questi fenomeni ci si pone con stupore e con una sacralita’ che tende a sacralizzare la natura e i fenomeni ad essa connessi.

Anche in Italia abbiamo testimonianze delle antiche Dee e il patrimonio piu’ consistente lo troviamo in Sardegna(il 60%),altri in Liguria e in Puglia,ma anche in altre regioni, Emila, Toscana, Umbria, Trentino.

Ma come era la vita dei nostri antenati che adoravano la Dea e come era la vita durante i millenni che hanno preceduto la storia scritta e documentata?

La maggior parte dei documenti in nostro possesso delle prime culture come quella dei Sumeri, Babilonia e Creta sono scarsi e frammentari costituiti per la maggior parte da inventari di beni o da documenti mercantili e anche gli scritti successivi della Grecia classica o del tempo dei Romani si basavano sulla deduzione, senza i moderni metodi archeologici. La maggior parte quindi della nostra storia narrata si era basata su una interpretazione, che fino a poco tempo fa ha avuto un carattere androcentrico.

Ma grazie allo scavo scientifico degli antichi siti, sopratutto del neolitico, hanno avuto informazioni molto piu’ chiare e una possibilita’ di ricostruire il nostro passato.
Una delle piu’ note interpreti di questo periodo è l’archeologa Lituana Maria Gibutas, che ha insegnato nelle Universita’ della Ca lifornia.

L’esame dei numerosissimi reperti ritrovati in quella zona del mondo che lei chiamera’ vecchia Europa, ha dato la possibilita’ di ricostruire la vita dei nostri antenati.
Dall’arte ritrovata e dai vari manufatti si evince la prima cosa importante: non sono state trovate armi, o raffigurazioni di armi o di esaltazione di guerrieri o di guerre che vedremo abbondantemente nei periodi storici successivi.

Non ci sono tracce di suntuose sepolture, che troveremo successivamente, che rivelino la presenza di capi tribu’ e quindi di gerarchie, ne la presenza nelle tombe, come accadeva nell’Egitto dei Faraoni, di esseri umani che venivano sacrificati e portati nell’aldila’ dal principe regnante.
Non c’è traccia o ritrovamento di depositi di armi o di tecnologie indirizzate a questo scopo. Una societa’ quindi pacifica, e questa idea e’ rafforzata dal fatto che non c’è stato nessun ritrovamento di fortificazioni militari.

Quello che invece si trova nei templi e nelle case sono numerosi simboli presi dalla natura ,che testimoniano il forte legame con essa, come i simboli geometrici di forme ondeggianti, che noi chiamiamo greche e che simboleggiano il fluire delle acque, ma sopratutto troviamo nei dipinti murali, statue e statuette immagini della Dea che ci testimoniano l’unita’ di tutte le cose con la natura, personificata dalla Dea stessa, sia nella sua immagine di vita che di morte, la Dea ctonia, e tutto cio’ ci esprime che nei nostri progenitori lo scopo principale della vita e dell’arte non è quello della conquista ,ma coltivare la terra e avere l’occorrente materiale e spirituale per una vita soddisfacente.

E se la principale immagine religiosa era quella di una donna che partorisce e non come ai nostri tempi di un uomo che muore sulla croce, possiamo desumere quanto fosse prevalente l’amore per la vita e non la presenza della paura della morte.
In queste societa’ non c’era la distinzione che è avvenuta successivamente e che ha diviso il sacro dal profano, ma il sacro era nella vita e quindi la vita era religione.

L’arte incentrata sulla dea, la mancanza assoluta di immagini di dominio maschile o di guerra riflettono dunque un ordinamento sociale in cui le donne svolgevano un ruolo centrale, sia nella organizzazione sociale che come sacerdotesse. Uomini e donne lavoravano insieme per il bene comune definendo quella organizzazione sociale che è stata chiamata di societa’ gilanica.

Numerosi studiosi dell’ottocento , considerando la presenza della Dea nella vita di queste societa’ hanno dedotto che se la preistoria non era patriarcale, doveva essere matriarcale, cioè o c’era il dominio degli uomini sulle donne, o il contrario delle donne sugli uomini.
Ma questo dominio non è stato mai dimostrato, quindi molti autori sono tornati all’idea iniziale che queste societa’ fossero con un dominio maschile.

Indubbiamente le societa’ erano matrilineari, cioe’ la discendenza era in linea materna e le donne erano sacerdotesse e capi clan, ma non c ‘è mai stata la repressione e la subordinazione degli uomini che invece nei secoli successivi ci fu verso le donne.

Del resto dagli scavi di edifici come a Catal Hyuk risulta evidente che non ci sono state disuguaglianze sociali di rilievo, tutte le case avevano una struttura simile, intorno ai 25 metri quadrati, anche i tempi avevano la stessa dimensione, inframezzati tra le case e questo ci indica una organizzazione comunitaria e non centralizzata e gerarchica.

In questo periodo a differenza delle religioni successive dominate dal fatto che solo i maschi potevano entrare nella gerarchia religiosa, sono presenti tracce di sacerdoti e sacerdotesse.
Quindi il principio femminile simbolo della vita permeava di grande importanza l’ideolgia e l’arte del tempo, ma anche il principio maschile aveva un ruolo molto importante.

La fusione di questi due principi veniva sacralizzata nel matrimonio sacro, che continuo’ ad essere celebrato anche dopo l’avvento del patriarcato, e in Grecia e a Roma sopravvisse nel rituale dello hiero gamos o ierogamia, un rito sessuale in cui due o piu’ partecipanti umani rappresentano la sacra unione di un Dio e di una Dea.
Secondo alcuni autori in questo periodo c’era gia’ la consapevolezza del ruolo congiunto che hanno gli uomini e le donne nella procreazione.

E come ci dice Maria Gibutas “ i due principi si manifestavano l’uno accanto all’altro la divinita’ maschile ,con l’aspetto di un giovane o di un animale maschio sembra affermare e consolidare le forze della femmina attiva e creatrice. L’uno non è subordinato all’altra,completandosi reciprocamente il loro potere si raddoppia.”

E’ doveroso ricordare la meravigliosa civilta’ di Creta sopravvissuta fino al 1200 -1100 aC a causa della conquista dei Dori che distrussero questa civilta’.…..i cui scavi archeologici, avvenuti in un tempo relativamente recente,1980,ha portato alla luce una civilta’ sorprendente, di pace, cultura, benessere, contatto con la natura, una societa’ matrilineare in cui il ruolo della donna era determinante ,la sessualita’ vissuta con leggerezza e spensieratezza, assenza della paura della morte perche’ molto forte la gioia della vita, dove la Dea regnava ancora incontrastata.

Quando quindi parliamo del neolitco, parliamo di civilta’ che risalgono a 10000 anni fa, in un periodo storico molto piu’ lungo di quello che calcoliamo a partire dalla nascita di Cristo, e in questo periodo si fecero grandi progressi nella coltivazione e produzione del cibo, nella caccia e nella pesca, nell’allevamento
.
Le tecniche costruttive erano migliorate e quindi gli alloggi migliorati, c’e’ gia la manifattura di tappeti e di mobili e altri articoli per la casa, c è una ‘pianificazione urbanistica e con l’invenzione della tessitura e del cucito erano migliorati gli abbigliamenti, con grande fioritura anche delle arti.

La discendenza era matrilineare, e le donne avevano il compito di amministrare la produzione e la distribuzione dei prodotti della terra, che erano beni comuni.
Il potere sociale vissuto come una responsabilita’ ha creato una societa’ in cui tutti cooperavano per il bene comune. La forza fisica dell’uomo non era alla base della oppressione sociale e della prevaricazione per accaparrare le ricchezze.
Una societa’ quindi che tutti sogniamo, il nostro” Paradiso Perduto”

Come è stato possibile perderlo?

Nei territori che Maria Gibutas chiama della Antica Europa l’interruzione fisica e culturale di queste societa’ comincia nel V millennio con quelle che chiama ”ondata Kurgan numero uno”.
“grazie al crescente numero di datazioni col radiocarbonio oggi è possibile tracciare diverse ondate migratorie dei pastori delle steppe,o popoli Kurgan che travolsero l’Europa preistorica…furono tre le spinte principali, la prima nel 4300-4200 aC, la numero 2 nel 3400-3200 aC e l’ondata n 3 nel 3000-2800 a C (queste date sono determinate con la dendrocronologia(sistema di datazione che si basa sul conteggio degli anelli di accrescimento degli alberi, utilizzato in archeologia per la datazione di reperti lignei).

I Kurgan appartenevano al ceppo linguistico indoeuropeo o ariano, gruppo che in epoca moderna prima da Nietzsche e poi da Hitler sara’ idealizzato come la pura razza d ‘Europa. In realta’ non erano di provenienza europea ma venivano dal nord est asiatico e europeo, ma col termine indoeuropeo furono comunque intese queste invasioni di popolazioni nomadi che come Ariani in India, Ittiti nella Mezzaluna fertile, Achei e successivamente Dori in Grecia ,Kurgan nell’Europa orientale, portarono le loro armi e i loro dei della guerra, spazzando un po’ alla volta la precedente civilta’ pacifica e imponendo la forza delle armi, la gerarchia maschile, il patriarcato e la schiavitu’ sessuale delle donne.

Altri invasori nomadi erano chiamati Ebrei, di stirpe semitica, che provenivano dai deserti del Sud e che poi invasero Canaan (poi chiamata Palestina dal nome del popolo dei Filistei che occupava la regione), un popolo bellicoso governato da una casta di sacerdoti guerrieri che come gli indoeuropei portarono con se’ un Dio bellicoso(Yahweh) e imposero la loro ideologia e il loro modo di vivere alle popolazioni conquistate.

Tutti questi popoli imposero un modello dominatore nella organizzazione sociale, un modello in cui il dominio maschile, la violenza maschile e una struttura sociale generalmente gerarchica e autoritaria erano gli elementi costitutivi, tutto cio’ porto’ a quello che Hengels defini’ “la storica sconfitta mondiale del sesso femminile”.

Il dominio maschile non si instauro’ come egli riferisce quando i popoli raccoglitori cacciatori cominciarono ad addomesticare e a allevare gli animali, avvenne invece nei millenni successivi quando le orde dei popoli pastori cominciarono a invadere i territori piu’ fertili, dove l’agricoltura era diventata la principale tecnologia produttiva.

La Gibutas ha ricostruito accuratamente il processo avvenuto nell’antica Europa , identificando nelle aride steppe del Mar Morto il luogo da cui provenivano gli invasori, che sfruttando i giacimenti di metallo del Caucaso, costruirono le loro armi mortali, utilizzando il bronzo, sconosciute ai popoli invasi.

I ritrovamenti indicano che in alcuni campi Kurgan la popolazione femminile non era Kurgan, ma apparteneva alla antica popolazione neolitica della vecchia Europa, il che fa dedurre che questi guerrieri massacravano la maggior parte degli uomini e bambini ma risparmiavano alcune donne che prendevano come concubine, mogli o schiave.

La degradazione delle donne e dei loro bambini, ridotti a mero oggetto e’ deducibile secondo la Gibutas anche dalle pratiche di sepoltura Kurgan.
Se nell’eta’ della Dea abbiamo visto non esserci presenza di sepolcri di maggior rilievo rispetto ad altri, qui abbiamo invece la presenza di ”tombe dei capi” che segnalano quindi la presenza indubbia di uomini al vertice.
E in queste tombe si trovano, insieme al guerriero che porta le sue armi e il suo corredo di guerra, mogli concubine e schiave del defunto sacrificate, secondo una pratica di sacrificio delle donne sopravvissute ai loro uomini, che in India è continuata fino al XX secolo.

Come ci dice la Gibutas “citta’ e villaggi furono disintegrati, vennero troncate tradizioni millenarie, scomparve la ceramica splendidamente dipinta, i templi, gli affreschi, le sculture i simboli e le forme di scrittura…
Scompaiono le statuette della Dea e questo secondo alcuni storici (Gordon Childe, gia’ prima della Gibutas) afferma che questo è il segno che la vecchia ideologia era cambiata e che questo segna l’origine della societa’ da matrilineare a patrilineare.

Insieme alla invasione fisica c’è un regresso culturale devastante , cominciano ad apparire ovunque le fortificazioni che sostituiscono a poco a poco gli antichi insediamenti prive di mura.

Contemporaneamente alla riduzione in schiavitu’ delle donne, la DEA si trasforma in una semplice moglie o consorte di divinita’ maschili, che ora detengono il potere e che esprimono con armi o con folgori.

L’isola di Creta, protetta dal mare resistette piu’ a lungo e cadde intorno al XI secolo A.C, lasciando orme della sua civilta’ gilanica piu’ a lungo che in altri posti, e la sua cultura influenzo’ sicuramente le isole Greche vicine, tant’è che alcuni autori ritengono che epigoni di quella grande civilta’ ,del culto della Dea, della dignita’ del femminile, possono essere arrivati fino a Pitagora, (nato in una isola dell’Egeo sede di culture che per millenni hanno adorato la DEA ) che nella sua etica di vita abbraccia una visione gilanica del mondo piuttosto che patriarcale, con la sua asserzione della pari dignita’ della donna, con la filia, con la comunita’ di beni, il vegetarianesimo, tutti elementi di chiara ispirazione dalle antiche civilta’ neolitiche della Dea Madre.

Quindi con il drammatico cambiamento culturale portato dalle invasioni ,le donne a capo di clan familiari che possedevano la terra erano una minaccia, quindi le donne furono private della loro liberta’ decisionale, cosi’ pure le sacerdotesse furono private del loro potere spirituale.

La patrilinearita’ fu sostituita alla matrilinearita’ e pian piano le donne vennero considerate sempre piu’ come una “sorta di dispositivo di produzione e riproduzione”, controllate dagli uomini e non piu’ membri importanti della comunita’, e la gerarchizzazione fu il principio riconosciuto come socialmente valido.

Andando in epoche successive arriviamo alle dichiarazioni che troviamo nella Bibbia, Antico Testamento, che affermano la donna è dominata dall’Uomo per volere divino. E nella stessa Bibbia troviamo regole morali assolutamente crudeli per le donne, come il fatto che una donna non trovata vergine al matrimonio ,se i parenti non possono dare una prova della sua verginita’ con un panno insanguinato da esporre davanti agli anziani, la donna puo’ essere lapidata da tutta la gente della citta’ o ancora nel Deuteronomio leggiamo che se un uomo trova una fanciulla vergine e se ne impossessa dovra’ dare al padre 50 sicli d’argento e dovra’ fare di lei sua moglie, ma certamente non in funzione della donna, ma per riparare alla merce”guasta” che appartiene al padre..
In qualche modo ci riporta al matrimonio riparatore che nella nostra legislatura è stato tolto solo negli anni 70 per il coraggio di una donna che ha rifiutato la “riparazione”, mandando in galera il suo stupratore.

Attraverso il controllo della sessualita’ femminile si mantiene quindi un ordine gera
rchico in cui il dominio patriarcale si estende ferocemente sul corpo delle donne.

Nella storia successiva possiamo dire , inseme all’autrice Riane Eisler, che nel mondo si è sempre vissuta una contrapposizione tra il modello di societa’ gilanica ,cioe’ di condivisione delle responsabilita’ sociali tra uomo e donna e il modello androcratico, dove si e’ affermata la supremazia maschile dell’uomo sulla donna e non c’è condivisione ma gerarchia, potere ,violenza sull’altro. La storia puo’ essere letta come un alternarsi di queste due fasi.

Quindi quando ci si insegna che l’origine della nostra civilta’ parte da Omero, dove la societa’ e’ gia’ sviluppata in senso patriarcale, abbiamo anche personaggi come Pitagora e Socrate,che si discostano dalla impostazione vigente e pensiamo che questo forse è dovuto al fatto che fu una sacerdotessa di Delfi,Temistoclea ,che insegno’ l’etica a Pitagora o una sacerdotessa di Mantinea che fu Maestra di Socrate.

Esisteva ancora nelle civilta’ greca un residuo della grande considerazione del femminile nella presenza a Delfi di una sacerdotessa, detta la Pitonessa, a cui tutti i condottieri si recavano per consigli su questioni politiche e strategiche.

Ma solo qui possiamo vedere questa considerazione, per il resto nello splendore della Polis ,base della nostra attuale cultura , culla di arti, organizzazione sociale e di diritto alla partecipazione alla vita pubblica per ogni cittadino, i diritti erano riconosciuti a tutti meno che agli schiavi e alle donne, che per legge erano escluse dalla cosa pubblica, non potevano avere loro possedimenti, non potevano ereditare dal padre anche se unica erede, il padre aveva il diritto di venderle come schiave se non si fossero sposate( le cosidette vergini canute).
Vivevano relegate nella posizione di moglie, relegata nel gineceo da cui si usciva solo per qualche funzione religiosa insieme al marito(che incontrava solo nel talamo nuziale):altre vivevano nel ruolo di concubina e altre nel ruolo piu’ fortunato di etera, una sorta di cortigiana istruita.

Ci furono delle eccezioni e alcune donne riuscirono a svolgere anche mansioni importanti nella vita pubblica, come nel caso di Aspasia, compagna di Pericle (che era una etera),che perorava l’istruzione delle donne in quella che fu definita l’eta’ d’oro di Pericle

Alcune donne avevano anche lasciato degli scritti che furono successivamente bruciati dai fanatici cristiani e mussulmani.
Pochi frammenti sono rimasti delle poesie di Saffo di Lesbo (che pure dirigeva un Tiaso di donne) ,che scriveva d amore e non di guerra come nella poesia greca maschile. Ma per il resto la donna come assoluta proprieta’ dell’uomo era un fatto ormai compiuto.

La grande Dea ha preso ora le sembianze di Era, Atena, Afrodite ed è ormai subordinata a Zeus , dio iroso e bellicoso, nel Pantheon ufficiale greco.

2000 anni fa arrivo’ in Palestina un giovane ebreo di idee rivoluzionarie, non solo perche’ accusava la classe dominante e religiosa di opprimere i Palestinesi, ma certamente per la sua visione della donna..

Egli diceva “non c’è piu’ ne’ giudeo né greco, nè schiavo né libero, nè uomo né donna, tutti siete un sol Uomo in Gesu’ cristo.”
Non esiste nella sua etica la sopraffazione maschio/femmina e per questo alcuni teologi(Leonardo Swilder) lo hanno ritenuto femminista, ma al di la di questo indubbiamente Gesu’ propone come superiore una etica “femminile”. non essere violenti, non fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te, amare il prossimo tuo anche i tuoi nemici, il rifiuto dei ranghi legati alla ricchezza e al potere.

In una societa’ androcratica in cui i valori affermati erano la durezza, l’aggressivita’ e il dominio, certamente il suo messaggio fu fortemente rivoluzionario.
Inoltre violava le regole androcratiche del tempo e parlava liberamente con le donne, deplorava la consuetudine di lapidare le donne che avessero avuto relazioni sessuali con altri che non fosse il loro “padrone”.
Ammetteva le donne tra i suoi seguaci e le spingeva a uscire da ruoli servili e a partecipare attivamente alla vita pubblica.

In tutti i Vangeli si parla di Maria Maddalena, probabilmente una prostituta, e di come egli la trattava con rispetto.
Certamente negli anni successivi alla sua morte, nelle prime comunita’ cristiane le donne avevano un ruolo importante, e ci sono prove che dopo la morte di Gesu’ Maria Maddalena divenne un leader dei primi movimenti cristiani, prima della gerarchizzazione della chiesa, che peraltro Gesu’ aveva fortemente combattuto.

Ma gia’ nel 200 d C la maggior parte delle comunita’ cristiane considerava canoniche le lettere Paoline a Timoteo dove si afferma: “la donna impari in silenzio, in completa sottomissione. Non permetto che la donna insegni o abbia autorita’ sull’uomo: essa deve osservare il silenzio…”
La partecipazione delle donne al culto era esplicitamente condannata e i gruppi in cui esse continuavano a conservare autorita’ erano tacciati di eresia (E.Pagels). Il cristianesimo era avviato a diventare un sistema gerarchico che uso’ la violenza,contro cui Gesu’ si era ribellato.

E quando con l’editto di Costantino nel 312 dC il cristianesimo divenne religione di stato , questo non fu imposto certamente senza spargimento di sangue.. Pochi storiografi ci dicono che Costantino stesso fosse un sanguinario, che aveva ucciso la moglie Fausta e ordinato di uccidere il figlio Crispo, ma il bagno di sangue che accompagno’ la cristianizzazione fu notevole, con editti sia suoi che dei suoi successori che dichiaravano che l’eresia verso la chiesa era un atto sedizioso, punibile con la tortura e con la morte. E la presenza delle donne nel culto era considerata una eresia…

I testi definiti gnostici, che nella fase iniziale del cristianesimo circolavano liberamente, dove c’era ancora traccia della presenza femminile e di una organizzazione gilanica della comunita’ cristiana, furono messi al bando e distrutti.

Furono distrutti tempi, santuari e idoli considerati “pagani”, furono chiuse le accademie greche perche’ gli studi erano considerati eretici fu cosi che nel 391 d C sotto Teodosio I cristiani, invasi da sacro furore bruciarono la grande biblioteca di Alessandria, che conservava opere immense di un sapere antico.

Istigati dall’uomo che sarebbe stato canonizzato come San Cirillo (vescovo di Alessandria) i monaci cristiani fecero a pezzi Ipazia, che era una donna sapiente della scuola neoplatonica di Alessandria, esperta di matematica, astronomia, filosofia, una grandissima erudita ,ma che, secondo Cirillo era iniqua perche’ aveva preteso di insegnare ai maschi.

Il Dio era ora dichiaratamente maschile e questo perdura fino ai nostri giorni nella chiesa cattolica e quando nel 1977 fu chiesto al Papa Paolo VI del perche’ la preclusione del sacerdozio alle donne nella, la risposta fu “perche’ nostro Signore era un uomo”

La condizione femminile in epoca romana era sicuramente migliore di quella greca ma le romane non potevano certo godere di tutti i diritti al pari degli uomini.
Secondo alcune autrici (Constance Parvey) “nell’ impero romano del I secolo dC c’ erano molte donne istruite e alcune di esse erano anche molto influenti e godevano di liberta’ nella vita pubblica”, ma avevano altresi molte restrizioni, come dover avere un protettore maschio che amministrava i suoi beni, non avevano diritto di voto ,ma alcune si potevano dedicare alle arti e altre alla medicina, partecipare alla vita sociale e di palazzo e fare atletica.

Il padrone era il pater familias che esercitava la sua autorita’ assoluta sui figli, i servi e la moglie. Nel primo periodo la donna con un matrimonio” per manus” passava dalle mani del padre a quelle del marito, rimanendo sottoposta alla autorita’ del marito. In epoca successive questa modalita’ fu abbandonata e la donna rimaneva, pur sposata sotto la podesta’ del padre, questo diede alle donne romane, non sottoposte ad un controllo diretto, una certa indipendenza.
Quando il padre moriva elle diventava legalmente emancipata.

Ma bisogna anche dire che per la legge romana il marito non aveva diritto di abusare fisicamente della moglie o costringerla a un rapporto sessuale. Per maltrattamenti la donna poteva chiedere un divorzio. Dal momento che la sua appartenenza giuridica era sempre della famiglia del padre, non lasciava il suo cognome al matrimonio

Arriviamo al medio Evo dove qualche baralume di luce per le donne si ebbe nell’epoca dei trovatori nel sud della Francia: siamo nel XII secolo alla Corte di Eleonora d Aquitania e delle figlie, e qui l’amor cortese e il rispetto per le donne furono temi importanti sia per la produzione artistica che per la vita e si affermava l’idea di una donna potente ed onorata piuttosto che dominata e disprezzata,
idea che riportava i valori delle societa’ gilaniche.

Dall’altro canto, al di fuori di questa fortunata evenienza, ci fu un disprezzo sistematico per la donna espressa nel Manuale dell’Inquisizione, il Malleus Malleficarum, il manuale messo a punto dalla chiesa per la caccia alle streghe, dove vengono definite” fonte carnale di ogni male”.
Migliaia, forse milioni di donne furono barbaramente torturate e mandate al rogo, accusate di stregoneria. Fu cosi’ stroncato il sapere femminile tramandato di generazione in generazione dell’arte erboristica e di conoscenza delle piante di guarigione, che non fu piu’ permesso di avere alle donne, anche perche’ si cominciava ad organizzare il sapere medico (rimasto per secoli solo di competenza maschile),e facendo ancora una volta indetreggiare le donne e il loro potere.

Altri motivi di persecuzione erano probabilmente legati secondo alcuni autori al fatto che molte di esse continuavano ad essere fedeli ad antiche divinita’ femminili; ancora piu’ grave a queste donne veniva imputata la colpa della loro peccaminosa sessualita’ femminile.
Come afferma la nostra autrice Eisler ancora una volta il dominio maschile si afferma sulle donne, spazzando via i residui di organizzazioni gilaniche.

La situazione delle donne nel Rinascimento è piuttosto controversa e mentre alcuni autori affermano che sia migliorata visto che comincia a delinearsi la possibilita’ teorica di avere una istruzione, perorata per esempio dal Castiglione, la sottomissione al maschile è ancora forte e poche donne riescono ad affermarsi nella liberta’, per esempio come Caterina Sforza (1463-1509) ,donna colta ,istruita dalla forte personalita’ , alchimista ,cacciatrice e dedita alla danza, ma sicuramente una donna fuori degli schemi usuali di quel tempo.

Delle donne in quel periodo decidono i maschi della famiglia che le usano per creare alleanze con matrimoni, ma contemporaneamente le donne cominciano a promuovere la cultura umanistica e l’espressione artistica nei loro salotti, iniziando a liberarsi dal controllo della chiesa medievale.
Fu famoso il salotto di Madame de Rambouillet, che per prima nel 1600 apri la sua casa ad artisti, intellettuali, nobili e lo riservo’ non solo agli uomini, come d ‘uso allora, ma anche alle giovani donne di buona famiglia. In questi salotti cominciarono a prodursi nuove e piu’ moderne concezioni.

E’ durante la Rivoluzione francese ad opera di donne illuminate come Olympe de Gouges che nel 1791 scrisse La dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, dove dichiarava l’uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna, che si comincio’ a porre la questione femminile, ma ahime’ Olympe fini’ tre anni dopo sulla ghigliottina, perche’ oltre a ragioni politiche , pare abbia dimenticato le virtu’ che convengono al suo sesso.

La condizione femminile comincio’ a cambiare nel XIX secolo, quando inizio’ un movimento femminile durante un mutamento epocale, la donna passava dalla subalternita’ al marito alla subalternita’ al lavoro.
Le donne lottarono per ottenere nuove leggi che le proteggessero dentro e fuori casa. Questo movimento è stato completamente ignorato e dimenticato.

Fu negli anni 60/70 del novecento che la battaglia per uscire dalla segregazione si è fatta forte, ma la societa’ era evidentemente pronta, se ricordiamo che molti uomini in quel momento contestavano il loro ruolo di maschi aggressivi, ricordiamo il rifiuto formidabile della guerra del Vietnam, e i ragazzi hanno cominciato ad uscire dal ruolo stereotipato di maschi secondo il modello imperante, esprimendo proprie valenze femminili nei comportamenti, negli abiti, negli stili di vita.

In Italia diritti delle donne furono riconosciuti sulla carta il 1 gennaio 1948,con l’entrata in vigore della costituzione della Repubblica Italiana.

Ma furono i movimenti femminili e femministi del XX secolo che fecero raggiungere diritti alle donne fino allora impensabili dal divorzio, alla liberta’ di aborto, al diritto di famiglia che di fatto con la patria potesta’ escludeva le donne dal diritto sui figli.
Fu degli anni 70 l’abrogazione della legge che garantiva a uno stupratore l’immunita’ se avesse sposato la donna e questo grazie al coraggio di una ragazza siciliana di 17 anni, Franca Viola, che col suo rifiuto di sottostare a una legge iniqua scosse al tal punto le coscienze degli italiani che fu rivista la legge, ma solo 15 anni dopo.

Infine e’ solo dei nostri giorni il riconoscere la violenza sessuale su una donna come un delitto sulla persona e non contro la morale.
Ultime legislazioni contro la violenza sulla donna.

A livello internazionale il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato La dichiarazione universale dei diritti umani nel 1979 l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato La convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione verso la donna, i paesi che ratificano la convenzione sono tenuti a sancire l’uguaglianza di genere nella loro legislazione nazionale.
IL Protocollo di Maputo e’ diretto ai diritti dei popoli e alla condizione della donna in Africa.

Naturalmente ci sono le leggi ma queste non bastano evidentemente a fermare l’ondata di violenza che si è abbattuta sulle donne. Nel momento in cui suoi diritti vengono tutelati dalla legge, prevale evidentemente un rigurguto androcratico che impedisce agli uomini di poter riconoscere la liberta’ femminile.
Il conoscere la nostra storia puo’ aiutare uomini e donne.