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Siamo semplici osservatori o partecipanti?

Il modo in cui percepiamo ed interpretiamo la realtà che ci circonda è in relazione con quello che crediamo, che ci hanno insegnato ed abbiamo appreso. Secondo la fisica classica gli oggetti sono tra loro separati ed esistono di per sé e noi possiamo solo cercare di carpirne i segreti e le leggi che li governano. Nella versione “semplice osservatore” crediamo di essere ininfluenti in un mondo che spesso ci appare ostile e che esiste così come è con o senza la nostra presenza, ci sentiamo degli anonimi passanti che sperano di essere visti e considerati. Nutriamo diffidenza rispetto all’altro, sconosciuto e potenzialmente pericoloso. Questo ci fa stare in uno stato di tensione che spesso sfocia in paura ed aggressività.

Se ci percepiamo separati sentiamo il bisogno di qualcuno che aggreghi, a cui si possa delegare e che si possa adulare come condottiero o criticare, giudicare, se le cose non vanno bene, ritenendolo responsabile dei nostri disagi. Ovviamente trovato il colpevole sono in agguato le punizioni. Siamo convinti che sia la felicità che il dolore dipendano da qualcosa o qualcuno fuori di noi.

Poi sono arrivate, agli inizi del 1900, la ricerca sulle interazioni della radiazione elettromagnetica con la materia e lo studio dell’atomo. Famoso è l’esperimento detto della “doppia fenditura” in cui si lanciavano corpuscoli come ad es. elettroni contro uno schermo con due fonditure e si registrava su un secondo schermo, posto ad una certa distanza, come si erano comportati i corpuscoli. Accadeva che, il corpuscolo si comportava come una particella se tra i due schermi era interposta una apparecchiatura in grado di visualizzare attraverso quale fenditura era realmente passato il corpuscolo. La registrazione finale mostrava la comparsa sullo schermo rilevatore di due bande parallele come le fenditure e come gli sperimentatori si aspettavano. In modo del tutto sorprendente però quando i corpuscoli venivano comunque lanciati contro lo schermo a due fenditure ma non era presente alcun apparecchio che cercava di individuarli, la figura che appariva sullo schermo rilevatore era una figura d’interferenza, ovvero il comportamento tipico delle onde che si incontrano ed interagiscono tra loro, rinforzando il segnale o attenuandolo, così da ottenere bande più intense alternate a quelle con minor intensità.

A quel punto gli scienziati avevano un grande dilemma da risolvere: il corpuscolo è una particella o un’onda e che ruolo ha la misurazione, l’osservazione. Dopo anni di discussioni e confronti, i fisici giunsero alla conclusione che i corpuscoli subatomici hanno una doppia natura di particella ed onda e questo appare correlato con la presenza o meno di un osservatore o, come proposto dal fisico J.Wheeler, del partecipante. Quindi la nostra presenza, coscienza, ricerca, sembra non essere indifferente anzi, il tutto sembra metterci in relazione con l’osservato e l’esito finale a cui partecipiamo. La nostra intenzione di cercare il corpuscolo influenza l’esito finale del fenomeno e questo a sua volta cambia il nostro modo di vedere la realtà.

Tornando alla domanda iniziale, alla luce delle scoperte della nuova fisica che ci vede interconnessi in un tutto dinamico che si relaziona attraverso campi ed informazioni, siamo continuamente coinvolti nel dispiegarsi della realtà. Nella versione “partecipante” ad una realtà di cui ci sentiamo parte integrante, sentiamo di avere una potenzialità da esprimere e donare alla vita, un potere di esseri multidimensionali. Facciamo parte di una realtà che si estende ben oltre il nostro microambiente, non siamo più soli e l’un contro l’altro armati. Questo ci restituisce la responsabilità della nostra vita, delle conseguenze verso noi e gli altri dei nostri pensieri ed azioni. Così le relazioni che ci uniscono non possono più essere improntate all’egoismo che blocca il fluire dell’energia vitale. Ci accorgiamo sempre di più quanto il nostro benessere sia in relazione al benessere di tutti perché la separazione è una illusione. Quando ci guardiamo intorno, nella consapevolezza dell’unione, non stiamo semplicemente osservando, stiamo partecipando attivamente al dispiegarsi dell’esistenza in tutte le sue forme, stiamo parlando di noi a noi stessi.